
“Le piante sono i George Bailey di questo pianeta. Nessuno le considera, non vengono studiate, non sappiamo neanche lontanamente quante ne esistano, come funzionino, quali siano le loro caratteristiche. Eppure, senza di loro la vita di ognuno di noi animali non sarebbe possibile.” (L’incredibile viaggio delle piante di Stefano Mancuso; Editori Laterza; 144 pagine; 18.00 euro)
Stefano Mancuso è uno scienziato di fama mondiale e dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV) dell’Università degli Studi di Firenze. Per una come me, sentire parlare di neurobiologia vegetale suona come un ossimoro. Le piante non hanno un sistema nervoso, quindi non possono soffrire, amare, sognare, comunicare come facciamo noi. Questo era quello che credevo fino a poco tempo fa, ma sembra proprio che la biologia abbia smantellato alcuni dogmi.
Se avessi vent’anni adesso, credo che farei di tutto per dedicarmi alla neurobiologia vegetale. Nel prologo di questo interessantissimo saggio, il professor Mancuso apre con alcune domande: siamo sicuri che quello delle piante sia un mondo fatto di silenzio, privo di comunicazione, che le piante non abbiano relazioni sociali, che siano immobili? O siamo noi che le guardiamo con occhi sbagliati? Corpo, architettura, strategie, sono spesso diametralmente opposte a quelle degli animali.
“Gli animali hanno un centro di comando, le piante sono multicentriche. Gli animali hanno organi singoli o doppi, le piante hanno organi diffusi. Gli animali sono individui (nel senso di indivisibili), le piante sono più simili a colonie. Negli animali conta più l’individuo, nelle piante il gruppo.”
E per capire il mondo vegetale, la chiave dovrebbe essere proprio questa: liberarci della nostra solita visione antropocentrica. ...VAI ALL'ARTICOLO